martedì 21 aprile 2009

Note dal sottosuolo: Northern Soul & Wigan Casino


In America il Northern Soul non esiste. Voglio dire, come genere musicale (o sottocategoria) il northern soul non è mai stato effettivamente codificato. Certo, con ''soul del sud'' e ''soul del nord'' in America si intendono cose differenti: il suono sanguigno della Stax da una parte, e il soul-pop sofisticato della Motown dal'altra. Ma non è questo il punto. Per capire cos'è il Northern Soul bisogna andare in Inghilterra. Alla fine del 1964, più o meno, quando nelle classifiche inglesi iniziarono ad apparire i nomi di Mary Wells, delle Supremes e degli artisti della Motown...

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Fino ad allora il soul non aveva attecchito granchè sulle sponde del Tamigi: troppo lontano dalle abitudini di consumatori che ancora non avevano preso dimestichezza con il suono della black music americana. Ma in quell'anno l'irruenza e la freschezza delle ''canzoncine'' della Motown iniziaroano a far muovere l'immaginazione e i piedi di un numero crescente di adolescenti inglesi. Le ragazzine potevano recitare allo specchio le agressive confidenze di ''My Guy'' e ''Baby Love'' come se si trattasse di un'altro esempio del teenage-pop tipico di quegli anni. Ma non era proprio così. Nei quarantacinque giri della Motown c'era anche dell'altro, qualcosa che non era possibile trovare nelle contemporanee produzioni pop: il ritmo. Basso pulsante, batteria solida, veloce, e bene in vista, una combinazione irresistibile per la riuscita di una bella festa suburbana. Poi arrivarono i mod.


Le loro principli ossessioni erano il ballo, la droga e lo stile. Una combinazione micidiale che trovava nei ritmi incalzanti e nelle melodie sofisticate della Motown il perfetto corrispettivo, ed è bene ricordare che nelle feste dei mod non si ballava solo al suono di Who e Small Faces, ma anche e soprattutto con le canzoni di Four Tops, Supremes e Temptations...


The Supremes

La scena di club che iniziò a muoversi lì attorno, prese freneticamente a proporre singoli soul in quantià sempre più massicce, fino al punto in cui le produzioni Motown non furono più sufficenti a soddisfare le due principali esigenze del pubblico di quei parti: la voglia di acoltare cose nuove e, soprattutto, il voler dimostrare di avere gusti più sofisticati di quelli del vicino. E già, l'ossessione per lo stile che i mod avevano manifestato già attraverso abiti e vespe varie, trovava un'altra via di sbocco: la musica. I singoli proposti dai dj diventarono sempre più ''oscuri'', sempre più rari, scatenando un inarresistibile meccanismo di ricerca della rarità ulteriore che era l'unico che poteva rassicurare sia l'ascoltatore che lo stesso dj della diversità del proprio gusto rispetto a quello delle masse. E così dopo quelle della Motown, iniziarono ad apparire sui giradischi inglesi produzioni targate Scepter, Sue, Brunswich, Modern e ancora Loma, Old Town, Fat Fish, A-Bet...


Tutte label americane le cui produzioni erano caraterizzate (in toto o in parte) da sonorità affini a quelle della Motown. Insomma, le cateratte del soul si erano aperte, e una pioggia di canzoni sempre più oscure e più ritmate prese a cadere sulle abitudini sonore degli appassionati inglesi. La stagione d'oro del soul, così come quelle del garage-rock e di tutte le altre forme di pop spiccatamente ''teen'', si concluse più o meno con l'arrivo del Sessantotto. Tre minuti tre di canzone non sembravano più sufficienti per dire tutto il necessario, e soprattutto i prodotti delle fabbriche e botteghe degli sforna-canzoni (in cui le figure dell'autore, del produttore e dell'interprete erano ben distinte) non sembravano più credibili ad un pubblico che iniziava a reclamare a gran voce che autore ed esecutore si fondessero in una sola figura. Il colossale fainteso che l'autenticità del sentire fosse una qualità necessaria per produrre buona musica, divenne il luogo comune dominante della maggior parte delle produzioni di quel periodo, spazzando via tutto il resto. O pressapoco. E le conseguenze si sarebbero avvertite a lungo, fin quasi ai nostri giorni. Ma in Inghilterra, l'aura di fascinazione emessa da quei quarantacinque giri soul non si esaurì tanto facilmente. Mentre impazzava l'estate dell'amore, in qualche club, per lo più situato a nord, si crearono per così dire dere sacche di resistenza al cambiamento che preservarono il rito tanto caro ai mod. Ma fu solo con l'arrivo dei Settanta che questa passione , ossessiva e un po' nostalgica, si riaccese e riprese vita fino a formare una particolarissima forma sotto-culturale: quella dei cosidetti ''in-crowd'' del norther soul, ovvero dei frequentatori di quelle serate infuocate in cui si ballavano vecchi e oscuri brani soul. E da lì il termine ''northern soul'' prende il suo odierno significato: dal fatto che (soprattutto) nel nord dell'Inghilterra si ballavano canzoni realizzate (soprattutto) nel nord dell'America poco meno di dieci anni prima. Un termine che viene definito dall'uso che se ne è fatto tra il '72 e il '75, in cui la provincia inglese impazziva per feste che iniziavano il Sabato sera e finivano la Domenica mattina (gli ''allnighters'' sorta di rave ante litteram), e in cui i brani riempipista erano robe tipo ''Baby Reconsider'' di Leon Haywood o ''The Snake'' di Al Wilson.



Il vertice di tutto il fenomeno northern soul si ebbe nell'iverno tra il '74 e il '75, quando due club si contendevano la palma per la migliore serata d'Inghilterra: il Wigan Casino e la Blackpool Mecca. Nel primo venivano suonati gli ''stomper'' (ovvero i brani che facevano ''battere'' i piedi) più duri e più veloci, in una dieta che comprendeva solo prelibatezze provenienti dai Sessanta, ma che aveva aggiunto al solito menù di soul nero, anche qualche occasionale pezzo di pop bianco con le caratteristiche ritmiche richieste. Prima di introdurvi al Blackpool Mecca, vi propongo un lungo estratto di Francesco Gazzara (da ''Mods: la rivolta dello stile...'' libro edito da Castelvecchi nel 1997) in cui si parla appunto di northern soul, di quegli anni e soprattutto del mitico Wigan Casino.


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Mentre dal 1967 il movimento mod inglese si spaccava in due filoni principali, tra spinte verso il basso, con il recupero delle radici working class e la conseguente trasformazione in hard mod prima e skinhead poi (un avvicinamento senza precedenti allo stile caraibico sia estetico che musicale, con i nuovi impulsi di ska e rocksteady), e spinte verso l'alto, con la contemporanea ondata psichedelica e le prime avvisaglie della controcultura e degli influssi freak/hippy, la tradizione musicale del del soul teneva ben uniti i nuovi seguaci del modernismo.
Non tanto a Londra quanto nelle altre città industriali dell'Inghilterra, le frequenti visite de soul men americani e la tenacia dei dj collezionisti di soul mantenevano vivi gli stimoli musicali dei mod, dando vita a un nuovo fenomeno che, a distanza di tempo venne analizzato come fosse quasi una sottocultura a sé stante: il northern soul. Nell'inverno del 1973 la crisi petrolifera aveva fatto tornare il Regno Unito quasi alla condizione di povertà del secondo dopoguerra ma, nonostante ciò, i teenager delle zone industriali alla perifria di Manchester non avrebbero mai rinunciato a ballare per tutta la notte al suono dei loro artisti soul preferiti. Intorno ad una vecchia ed enorme sala da ballo costruita nel 1916 e situata sulla Station Road della cittadina di Wigan, giravano già decine di ragazzi della working class inglese vestiti in maniera inconfondibile: pantaloni baggies larghi con vita alta, berretti e scoppole in testa, scarpe di ogni tipo (dalle trainers sportive alle bowling shoes di memoria mod) e giacchetti bomber coperti di toppe cucite con scritte tipo ''Keep The Faith'', ''Night Owl'' o ''Keeps On Burning''.
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Questa era la scena northern soul intorno al Casino Club di Wigan dove, al ritmo di The Snake di Al Wilson, ballavano insieme centinaia di giovani che parlavano un infinità di accenti britannici diversi (dal gallese al geordie di Newcastle, dallo scozzese al cockney), tutti uniti dall'appuntamento con il cosidetto handclapping collettivo, puntuale come sempre prima del scondo ritornello della canzone citata.


Durante la prima guerra mondiale il Casino Club di Wigan, noto come Empress Ballroom, era la prima dancehall della contea del Lancashire e, durante il secondo conflitto, era frequentao dai militari alleati. Poi, negli anni Sessanta, diventò un club beat e in seguito una sala da cabaret, fino a quando non iniziò la sua programmazione musicale Russ Winstantley, un dj già abituato, alla fine del decennio, a miscelare il soul della Motown con i Beatles e il rock, e attento alle nuove selezioni di rare soul che andavano per la maggiore nei club concorrenti, come il Torch di Stoke-On Trent (con i dj Colin Curtis, Keith Minshull, Barmy Barry), il Twisted Wheel di Manchester (con il dj Roger Eagle), frequentato nel 1970 dal giornalista del mensile inglese ''Blues&Soul'' Dave Godin, il primo a parlare di northern soul, il Mecca's Highland Room di Blackpool (dj Ian Levine), il Va Va di Bolton (dj Richard Sterling), il Catacombs di Wolverhampton e il Brit di Nottingham. Una definizione specifica in termini musicali del genere norther soul è quasi impossibile, visto il gran numero di stili che concorrono a creare un sound così unico e riconoscibile. Tuttavia le caratteristiche di un classico brano northern non sono così lontane dal suono Motown: velocità (up-tempo), beat in 4/4 facilmente scandibile con uno schiocco delle dita (sarà un caso ma il logo della label Stax raffigurava una mano con il pollice e il medio nell'atto di schioccare tra loro), stacchi della sezione fiati, linee di basso ripetitive ma spesso complesse, chitarre ritmiche asciutte e, in alcuni casi, coloriture di vibrafono e archi, un'anticipazione del futuro ''sound of Philadelphia''. Ma non erano i brani più popolari della Motown a riscuotere successo sul dancefloor del Casino Club di Wigan e degli altri club di northern soul, bensì le rarità incise tra il 1963 e il 1967 e pubblicate da piccole label soul come la Okeh! di Chicago, la Cameo Parkway, la Stateside, la Mirwood. Il primo allnighter del Casino Club di Wigan si tenne il 23 settembre del 1973: la capienza del clb era di duemila persone, due terzi delle quali nella sala centrale e il resto nella sala del bar accanto. I locali lo chiamavano ''Casio'' o ''Cas Club'', ben presto la sua fama arrivò oltreoceano e non erano pochi gli artisti soul che consideravano il Casino Club di Wigan come una tappa fissa nei loro tour inglesi.




''La prima volta che misi piede lì dentro ebbi subito la sensazione che stava accadendo qualcosa di davvero speciale'', ricorda Edwin Starr, autore di due classici northern come Headline News e S.O.S. e una delle molte soul star che si sono esibite sul palco dello storico club. Cosa succedeva davvero di così speciale? La tecnica dell'handclapping si era perfezionata a tal punto che , addirittura durante una pausa tra due versi del brano Tainted Love, era previsto un doppio battito delle mani da parte dei ballerini. Quest'ultimi erano di gran lunga la vera attrazione del club, con le loro evoluzioni concluse da faticose flessioni sull'enorme dancefloor in legno pregiato e i loro salti, spaccate e piroette con la testa all'ingiù. Il pubblico era formato da mod, scooter boy, soul boy e una serie di personaggi con uno stile casual assolutamente funzionale al ballo. Le dancing shoes (dai mocassini loafer indossati senza calzini alle hush puppies e alle bowling shoes) venivano spesso portate in scatole di cartone o addirittura affittate dal guardaroba del club.


Scontri occasionali dei mo e dei soul boy con i rocker locali, greaser negli anni Settanta, si registravano con cadenza settimanale davanti all'ingresso, quando ormai il pubblico del Casino Club di Wigan si andava uniformando a uno stile estetico essenziale fatto di dancing shoes, due T-shirt, deodorante, talco e asciugamno di scorta e un soprabito da sceglire tra il parka, il bomber (entrambi con toppe di scooter rallies, raduni o altriclub di northern), l'Harrington o una semplice cerata per la pioggia. Oltre ai frequentatori del dancefloor, la scena northern soulgirava intorno alla figura del dj, le cui selezioni o playlists, un po' come sarà in seguito per la house music, l'acid jazz, la jungle..., influenzavano direttamente le scelte delle case discografiche inglesi e dei promoter che ingaggiavano gli artisti soul americani. Nel primo caso si lanciavano degli artisti nuovi che emulavano il sound del northern soul senza grande successo, come Love Sitars, Checkerboard Squares e Richard Popcorn Wylie. Nel secondo caso il palco del Casino Club di Wigan ospitava nomi di rilievo sulla scena, come Edwin Starr, Major Lance, Tommy Hunt, Betty Wright, Martha Reeves..., disposti a volare dagli Usa per una performance davanti a un pubblico che li venerava. Ma in aiuto agli interpreti bianchi inglesi di northern soul venne un'altra caratteristica del dj del Csino Club di Wigan, ovvero l'uso di nascondere i titoli e i nomi stampati sul vinile suonato. La tecnica del covering intesa non come 'risuonare un brano', ma letteralmente 'coprire' con un adesivo il vero autore del disco scrivendoci sopra un nome di fantasia, fu in seguito una regola per molti dj dei generi ''da club'' seguiti al northern soul. Serviva principalmente a incrementare il valore di ''rarità'' dei dischi e a non farsi copiare le selezioni, ma in realtà questo procedimento permise ad alcuni gruppi inglesi di aggirare il consenso dei puristi del soul e del rhythm & blues afroamericano. Alcuni brani dei Father's Angels, dei Mike Post Coalition e soprattutto della Barry Gray Orchestra e di Lenny Gamble (uno pseudonimo del cantante Tony Blackburn), riscossero un notevole successo sul dancefloor del Wigan Casino proprio grazie a tale accorgimento. [...] Tra il 1974 e il 1977 il dancefloor del Wigan Casino si popolava di giovani della middle class, attirati anche dalla facilità con cui si procurava le pillole blues, bennies o bombers, una reminescenza non troppo casuale delle purple hearts di dieci anni prima. Tra il pubblico de club di quegli anni c'erano Marc Almond e Dave Ball, i futuri Soft Cell, e altri personaggi dello show business inglese di qualche tempo dopo, come la anchorwoman della Bbc Anna Ford, soprannominaa ''Night Owl''.


Le ultime hits di vero northern soul erano datate 1975-1976 e il loro sound, se da una parte si faceva più agressivo, dall'altra raggiungeva più facilmente il pubblico al di fuori della scena. Due casi eclatanti di quegli anni furono Reaching For The Best degli Exciters e il grande successo di Billy Ocean Love Really Hurts Without You. L'avvento del punk, in qualche modo anch'esso edonistico ed elitario, fece tornare il northern soul nell'ombra, fino alla definitiva chiusura del Wigan Casino.


Il Comune decise di costruirvi sopra un centro civico (operazione mai avvenuta) e il 19 settembre del 1981 si svolse l'ultimo allnighter del club, concluso dalla (in quell'occasione commovente) consueta tripletta di brani soprannominata ''Three Beore Eight'', un segnale collaudato con cui i dj avvertivano il pubblico che era ora di tornare a casa. I tre brani finali erano sempre gli stessi, nell'ordine: Long After Tonight Is All Over di Jimmy Radcliffe, Time Will Pass You By di Tobi Legend e la struggente ed emozionante I'm On My Way di Dean Parrish, spesso suonata con le luci accese.


Il northern soul ha prò continuato a vivere anche dopo la chiusura del Casino Club di Wigan, grazie alla produzione intensa di compilation da parte di label come la Kent e la Goldmine, alla nascita della rivista specializzata ''Manifesto'', ai nuovi spazi per gli allnighters di northern soul, come il Cricketers di Wigan, il 100 Club di Londra, il Ritz di Manchester, la Keele Uiversity, e alla recente pubblicazione di libri sul fenomeno, come Soul Survivors: The Wigan Casino Story (scritto a quattro mano dai protagonisti Wistanley e Dave Nowell) e Nightshift di Pete McKenna. Il forte potere emotivo che caraterizza il northern soul è destinato a durare nel tempo e l'unicità di questa cultura, uno stile giovanile dalle radici working class, ha evitato il controllo da parte della grande industria musicale.

Il fenomeno del northern soul è stato descritto come ''una delle culture popolari più ermetiche del Regno Unito'' (jon Savage), per la sua inaccessibilità da parte di chi non era coinvolto direttamente nella scena dei club in cui si suonava questo genere. Eppure, in un paradosso tipicamente inglese, ancora una volta l'erezione di barricate intorno a uno stile musicale non produce una vera chiusura, ma attrae a cicli costanti i giovani delle nuove generazioni. Quello che sembrava un filone musicale scaturito da una fase tarda della soul label Motown, si rivelerà presto qualcosa di più, sia dal punto di vista musicale (anche se il sound è subito riconoscibile, in pratica non esistono due brani di northern soul uguali tra loro) che culturale, stili giovanili, ballo, droghe e risse comprese. Non esiste scena più pura e realmente underground di quella northern soul, proprio perchè imprevedibile nello stile estetico e in quello musicale, dal look dei giovani che frequentano gli allnighters alle scelte dei dj, capaci di spendere 2000 sterline alla settimana in vinili rare grooves (che ormai in America venivano usati come zavorra nelle navi da cargo) e di guadagnarne appena 40 a serata, a differenza di molti dj di altri generi musicali, che qualche tempo dopo guadagneranno 2000 sterline a notte per spenderne solo 40 alla settimana. Chi metteva dischi northern soul nei primi anni Settanta probabilmente lo fa ancora oggi: raggiunti i quarant'anni, sistemato il mutuo della casa e cresciuti i figli, un allnighters al 100 club di Oxford Street a Londra può essere un ottimo modo per rivivere la propria adolescenza. In questo l'ex soul boy appassionato di northern soul conserva una caratteristica dell'identità mod. Non è affatto vero infatti che il modernismo riguardi esclusivamente l'età adolescenziale. La passione per la musica, il ballo, il diverimento, la velocità, l'avventura e la precisione stilistica sono dure a morire e, come dimostrano migliaia di mod ancora oggi, non sono affatto inconciliabili con il matrmonio e la famiglia. Per chi ha eventualmente abbandonato lo stle estetico, ma conserva ancora interiormente il vero spirito modernista, la sopravvivenza del northern soul è lì a testimoniare un passato vissuto con intensità, ancora oggi capace di rinnovarsi anno dopo anno.



La Blackpool Mecca ( si diceva in alto per riprendere il discorso lasciato in sospeso) era invece il tempio della black music dove si suonava esclusivamente purissimo soul proveniente non solo dai Sessanta, ma anche dall'attualità dei Settanta, cosa che fece dell'allora dj residete Ian Levine il vero e proprio guru dello stile ''northern soul'', quello anche che faceva girare i singoli più rari e costosi. Aggiungendo al solito repertorio di classici collauati, come ''It Really Hurts Me'' dei Carstairs o ''You're The Cream Of The Crop'' di Maurice, Levine apriva la strada ai cambiamenti che si sarebbero poi manifestati con chiarezza solo nel corso degli anni a venire, effettuando un passaggio di consegne: dalla frenetica ''ortodossia'' del northern soul alla più generale riscoperta dei cosiddetti rare grooves, ovvero di tutti quei brani (soul, funk, jazz o boogaloo) che possedevano un forte appeal ritmico adatto al pubblico dei club. E quanta parte i rare grooves abbiano avuto e continuino ad avere nel forgiare il suono e l'attitudine dei club della nostra attualità, è cosa ben nota a tutti quelli a cui è capitato di entrare in un club decente (anche se ormai sono definitivamente estinti, almeno dalle mie parti) negli ultimi 20 anni. Basti pensare non solo a quelle vecchie canzoni che ogni tanto piovono sulla pista, ma anche a tutta quella enorme serie di campionamenti che formano in qualche modo l'ossatura della musica disposta sui dodici pollici dei nostri giorni. Quello che oggi resta del fermento northern soul dei Settanta (tuttavia) non è che una pallida ombra di quello che è stato. Qualcosa capace di ispirare ed appassionare non solo chi c'era, ma anche chi quelle storie le ha solo sentito raccontare: di nottate straordinariamente eccitanti in cui ballerini inesauribili si esibivano in vere e proprie prove di atletica e di resistenza, a tempo con il flusso inarrestabile di canzoni la cui qualità veniva misurata dai millimetri di suola che riuscivano a far consumare in pista.


Della gran musica era incisa in quei vechi, polverosi, oscuri e costosissimi quarantacinque giri di soul americano. Roba che di questi tempi, potete vedere affiorare da qualche bancarella di fiera o da qualche negozio (i pochissimi che ancora esistono) specializzato con su prezzi da capogiro. Evidentemente (e meno male, questa si chiama pura passione) c'è ancora qualcuno disposto a spendere cifre altissime per cinque/sei minuti (tra lato A e B) di scandito soul up-tempo. Mentre gli altri devono accontentarsi delle ben più economiche antologie (o della rete) che sono state l'unico strumento di conoscenza per quanti, nè pazzi feticisti nè milionari, hanno comunque voluto scoprire (o vorranno scoprire) un vero e proprio tesoro musicale. Così vanno le cose. I club chiudono prima o poi. Ma la musica, specie quella buona, resta. E meno male.


Le due etichette che, più di tutte le altre (comunque molte), hanno costruito la propria fama sulle ristampe antologiche di northern soul sono la Kent e la Goldmine, entrambe inglesi. I titoli, tra edizioni in vinile e in cd sono moltissimi. La Goldmine di solito ristampa le cose più oscure e più tipicamente da club, quindi per lo più roba veloce e scandita. Le loro edizioni non sono sempre accuratissime, ma spesso non è proprio possibile far di meglio utilizzando vecchi quarantacique di quel tipo come fonte. E talvolta capita che l'ossessione per la rarità li porti a ristampare cose non proprio imperdibili, anche se normalmente siamo sempre su livelli qualitativi molto alti. La Kent, invece, ha un catalogo di respiro più ampio e la possibilità di attingere dal patrimonio di etichette prestigiosissime. Enorme è la quantità di northern soul, ma non mancano anche altri esempi di matrice diversa. L'unica condizione indispensabile: che si tratti di soul e che provenga dal passato. Edizioni, note, scelte artistiche: tutto impeccabile. In assoluto una delle migliori label dedicate alle ristampe soul.

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