domenica 1 maggio 2011

Musiche migranti: l'Oud ponte fra le culture del mediterraneo



Strumento per eccellenza della musica colta mediorentale, l'ud (عود, il liuto arabo) è anche un ponte fra le culture del mediterraneo e rimane un simbolo di profonde tradizioni, dalla Turchia alla musica arabo-andalusa, dal medio-oriente al Marocco. Insomma, in una geografia possibile la sola cosa certa è che si tratta di uno strumento la cui conflittualità etnica è pari allo zero, e ha segnato la tradizione sacra, ma anche profana, sia delle regioni arabe del Mashriq (dunque Egitto, Giordania, Libano, Siria, Iraq ecc) sia quelle del Maghreb (Marocco, Algeria, Tunisia, Libia). E in Europa? Beh, la Spagna, visti i nobili precedenti, le storie di califfati e conquiste, gode di una tradizione storica non certo minore. Per non parlare di Grecia e Turchia dove ci sono state molte diramazioni, ponti sul bosforo e carichi che partivano e trascinavano memorie e realtà. E quì si potrebbe adirittura ipotizzare la massiccia influenza del mondo arabo nella fondazione della musica colta di matrice occidentale. Ma questa sarebbe un'altra storia. E' invece fenomeno più recente, quello dell'allargamento dell'utilizzo dell'ud (ormai diventato oud) in Francia e nella nostra Penisola. In ogni caso, malgrado la veneranda età, l'oud ha trovato, non senza difficoltà, una sua sistemazione anche nelle diverse sfumature del mondo musicale occidentale, riscuotendo particolare interesse nell'ambito jazz, ovviamente dove questo incontra repertori tradizionali, ripensandoli e rivestendoli nell'area delle musiche improvvisate. 

Munir Bachir nel 1937 all'età di sette anni.

Quasi un padre spirituale degli innovatori è Munir Bachir, iracheno scomparso nel 1997, considerato tra i primi, nell'era post-moderna ad aver sdoganato lo strumento. Maestro inquieto, è considerato il Ravi Shankar dell'oud proprio per la popolarità e il desiderio di esaltare i canoni della tradizione con la voglia di smuovere le acque ed andare oltre. Ma sono molti gli artisti che insieme alle rigide ortodossie della teoria e pratica musicale araba, hanno cercato nel corso degli ultimi anni di piegare il suono del liuto arabo alle differenti possibilità espressive con cui venivano a contatto: da Rabih Abou-Khalil a Anouar Brahem,  da Munir Nurettin Beken a Said Chraibi da Hazma El-Din a Ahmed El Kalai, da Georges Kazazian a Naseer Shamma, dal DuoOudLe Trio Joubran (di cui mi occuperò tra un attimo) passando per il palestinese Simon Shaheen di cui consiglio caldamente ''The  Music Of Mohammed Abdel Wahab'' (Axiom, 1991) [potete farlo vostro quì] un lavoro prodotto da Bill Laswell in cui il suono di un qualsiasi villaggio palestinese viene riprodotto su coordinate geografiche 'altre' e allo stesso tempo, come si evince dal titolo, rende omaggio ad uno dei più grandi innovatori della musica egiziana, Mohammed Abdel Wahad.


Rimaniamo in Palestina concludendo questo breve post dedicato a questo fantastico strumento con un giovane virtuoso di Nazaret, Samir Joubran (classe 1973), figlio d'arte, che dopo essersi guadagnato un notevole seguito in tutto il mondo orientale, sta ora iniziando ad ottenere importanti riconoscimenti anche a livello globale. Samir, che è stato il primo musicista a ricevere una sovvenzione biennale (nel 2003-2004) dal Parlamento Internazionale degli Scrittori a Pontedera, da qualche tempo si è stabilito in Francia, dove sta sviluppando la propria carriera, portando la sua musica in tutto il continente e esibendosi con successo in trio (Le Trio Joubran, الثلاثي جبران‎) con i due fratelli minori: Wissam Joubran, (classe 1983), che nonostante l'età è anche uno straordinario liutaio (pare il primo del mondo arabo ad accedere al prestigioso Istituto Stradivari), e Adnan Joubran (del 1985), come il fratello maggiore entrambi grandi virtusi dello strumento nonchè eccellenti improvvisatori.


Nel recente ''AsFâr'' (World Village, 2011), l'ultimo lavoro in trio [può essere recuperato quì], più che alternarsi nel ruolo di grandi virtuosi dello strumento appoggiandosi e completandosi con i loro accordi velocissimi e complessi, i tre fratelli preferiscono dar vita ad universo unico e seduttivo, un suono eterogeneo e compatto in cui tutti i musicisti lavorano a favore della composizione e di una amalgama degna delle migliori formazioni jazz, facendo della maestria e dell'abilità strumentale il veicolo per ottenere la spontaneità da distillare in ognuno dei sette brani di questo magnifico album, alternando atmosfere meditative e improvvisazioni più vigorose, sostenute dalle percussioni di Yousef Hbeisch e, in qualche caso, dagli interventi vocali del tunisino Dhafer Youssef. Non fatevi ingannare dalla pessima copertina, questo è un gran bel disco.


4 commenti:

  1. Due link utili:

    http://www.oud.eclipse.co.uk/

    http://oudmusic.wordpress.com/

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  2. Eccomi!!! Tante suggestioni interessanti come al solito! Per di più adoro il suono dell'oud :)
    A proposito, avrai sicuramente sentito il disco di Majid Bekkas, Mabrouk, stupendo! L'hanno segnalato sia fratello Mela sia fratello Borguez ;)

    P.S.: vero, la copertina del Trio Joubran non è delle migliori, ma il fatto che la musica contenuta sia sublime e che sono tre bei ragazzuoli depongono decisamente a loro favore :D

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  3. ''Mabrouk'' è senza dubbio un disco di ottimo livello. Il problema è che in buona percentuale lavori come quello di Majid Bekkas o dello stesso Trio Joubran rischiano di passare inosservati anche presso una fetta di pubblico a cui potenzialmente potrebbero piacere molto. A questo punto, allora, permettimi una sviolinata fraterna elogiando l'ottimo lavoro svolto in senso divulgativo proprio dal tuo blog come dagli ottimi Borguez, Mela e compagnia bella.

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  4. Quando si dice (un gran bel) lavoro di rete ;) :)

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