domenica 13 marzo 2011

Suites impazzite



Periodo d'oro questo per la Clean Feed con (almeno) un terzetto di dischi stupendi che faranno la gioia di tutti gli appassionati di avant jazz e impro jazz (tra l'altro tutti recuperabili grazie alla classe che contraddistingue le ottime scelte musicali dell'amico Borguez): ''Insomnia'' di Tim Berne''Minaret Minuets'' di Scott Fields & Matthias Schubert e lo straordinario ''The Coimbra Concert'' un doppio dal vivo dei Most Other People Do the Killin, di cui ora mi occuperò.




Passato con l'anno nuovo dalla Hot Cup, l'etichetta di Moppa Elliott (il bassista del gruppo), a quella di Lisbona (la Clen Fedd, appunto) i Most Other People Do The Killin hanno registrato i brani di questo disco nell'arco di due concerti (il 28 e il 29 maggio del 2010), nella città portoghese di Coimbra. Il repertorio del lavoro si basa prevalentemente su temi editi nelle (4) registrazioni precedenti del quartetto: uno da ognuno dei primi due dischi (l'omonimo ''Mostly Other People Do the Killing'' e ''This Is Our Moosic''), due dal terzo (''Shamokin!!!'') e quattro dall'ultimo lavoro in studio (''Forty Fort''), più uno inedito. Mettendo in relazione i brani in studio con quelli live ci si rende immediatamente conto di come i quattro riescano ad esprimere il loro enorme (massimo?) potenziale, proprio dal vivo. A brillare sono soprattutto le trombe di Peter Evans e i sassofoni di Jon Irabagon, ma anche gli altri due elementi (il citato Elliott al basso e Kevin Shea - già con i Talibam! - ai tamburi) si mostrano particolarmente ispirati e si fanno ''infuocare'' dalla dimensione live.

Jon Irabagon

Tutte le traccie del lavoro, che in qualche caso raggiungono e superano i trenta minuti, sprigionano un'energia e un'irruenza inaudita; si sà come iniziano, ma è inprobabile prevedere come possano terminare, visto che spesso all'interno delle suites, come in un sistema di scatole cinesi, ne spuntano di nuove, micro-composizioni dove ogni musicista ci mette del suo, vuoi attraverso citazioni 'classiche', vuoi per mezzo di improvvisazzioni istantanee e chi più ne ha più ne metta. Impossibile, infine, non farsi catturare dall' evidente citazione della foto di copertina che rimanda chiaramente a quella del famoso Koln Concert di Jarrett, strappando un sorriso che potrebbe estendersi a dismisura una volta completato l'ascolto. Probabilmente uno dei migliori dischi degli ultimi mesi in ambito jazzistico.


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