giovedì 25 marzo 2010

Retro-Africa: Jazz from the township




In Sudafrica il jazz ha conosciuto una diffusione senza paragone rispetto al resto del continente. Stile di vita, intrattenimento, musica, moda: per tutto un complesso di motivi culturali, sociali e politici, le masse di colore sudafricane individuarono precocemente nel mondo dei neri americani un modello di riferimento. Negli Stati Uniti anche Louis Armstrong e Duke Ellinghton pativano la discriminazione razziale, ma agli occhi dei sudafricani di colore incarnavano l'esempio di artisti neri di successo. Preceduto in Sud Africa fin dalla metà dell'Ottocento da altre forme musicali neroamericane come il ragtime, il jazz arrivò nelle township attraverso il grammofono e la radio già dopo la prima guerra mondiale e beneficiò di una reale popolarità fino agli anni Sessanta. L'appropriazione creativa del jazz, miscelato con le locali musiche urbane, ebbe come protagonisti pionieri entrati nella leggenda come Solomon ''Zulu Boy'' Cele e Wilson ''King Force'' Silgee. La maturità arriva negli anni Cinquanta: Hugh Masekela, Miriam Makeba, Dollar Brand (Abdullah Ibrahim), sono usciti dall'ambiente jazzistico dell'epoca. Queste due antologie, senza troppe pretese filologiche né di coerente rappresentatività della vicenda del jazz sudafricano, hanno il merito di mettere in mostra qualcuno dei gioielli che è ancora difficile avere l'occasione di ammirare. La prima raccolta, ''African Jazz 'N' Jive-An Authentic Selection Of South African Township Swing Classics From The '50s & '60s'' (Gallo Records, 2007) concentra l'attenzione quasi esclusivamente sugli anni Cinquanta.





Presenze fondamentali come quelle di Kippie Moeketsi, Spokes Mashiyane, Jazz Dazzlers, Skylarks, Lemmy ''Special'' Mabuse, nonchè l'hit Mbuse di Solomon Linda (restando in questo blog potete leggere la leggenda e le storie incredibili che girano attorno a questo brano) in un'eloquente incisione del 1939. La musica conquista con la sua freschezza: spensieratezza, verrebbe da dire, se non sapessimo che dietro aveva il crudele inasprimento della politica di apartheid del dopoguerra. La seconda raccolta, ''Freedom Blues-South African Jazz Under Apartheid'' (Nascente, 1999) invece, offre un'idea suggestiva dell'altissima qualità espressa, in gran parte nell'esilio, dal jazz sudafricano degli anni Sessanta e Settanta: in una risoluta modernità incontra le tendenze d'avanguardia, alle quali riesce a dare un notevolissimo contributo senza recidere il legame con lo spririto della musica dell'Africa australe




Ci sono alcuni dei nomi più importanti: i Jazz Epistels, in una incisione del '60, con fra gli altri Kippie Moeketsi al sax, Hugh Masekela alla tromba, Jonas Gwangwa al trombone e Dollar Brand al piano; i Blue Note (naturalmente) in uno struggente brano registrato dal vivo a Durban nel 1964, alle soglie della scelta dell'esilio; Harry Miller con una formazione guidata in Gran Bretagna nella seconda metà degli Sessanta. A differenza delle registrazioni degli anni Cinquanta e anteriori, i dischi del jazz sudafricano d'avanguardia della diaspora sono circolati, ma nella cerchia degli appassionati di free music e di nuovo jazz europeo (ne riparleremo): la brillante, godibilissima selezzione proposta da queste antologia hanno il pregio di far conoscere molti degli eroi del jazz sudafricano della diaspora. Imperdibili!


Il video ascolto propone il brano d'aperura di ''Freedom Blues'', ''Yakhall Inkomo'' di Winston 'Mankunku' Ngozi. Per chi invece volesse approfondire (sotto) altri tre lavori...

Rough Guide to South African Jazz (World M.N., 2000) - [download]
The History of Township Music (Wrasse) - [download]
Jazz from the Township (vecchio vinile, copert. a inizio post)
[dowload]

1 commento:

  1. A giugno uscirà anche una raccolta della Strut con questo tema, sarà la terza parte di Next Sto Soweto :)

    Intanto mi godrò codesti, hihihihi....

    RispondiElimina