mercoledì 4 novembre 2009

Esplorando e discutendo il DNA della musica

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Se fino a qualche decennio fa i musicisti parlavano esclusivamente di note e di suoni, oggi, dopo l'avvento dell' era elettronica, è più facile sentir parlare di programmi, frequenze, campionamenti, e di termini legati all'uso di quelle potentissime macchine musicali che permettono la ripresa di qualsiasi suono naturale e la sua riproduzione. Quella del campionamento si è convertita in una necessità di cui non potremmo più fare a meno. Si chiama sampling music e spunta ovunque: dall'Elettronica all'Hip-Hop, dall' House Music alla Techno, dal rock al pop, persino nella musica contemporanea più seria e impettita. Oggi non c'è quasi brano musicale che non incorpori pezzi di altre musiche (voci, rumori, , basi ritmiche, suoni esotici... ) sfruttandoli nei modi più svariati. Sono semplici registrazioni, ma infilate in un compiuter vengono tagliuzzate, manipolate, sovrapposte (a volte meschinamente riprese pari pari e vendute come proprie) diventando cioè dei ''campioni'', sample in inglese. La sampling music è dappertutto, ma come genere in sè quasi non esiste. Eppure non si tratta certo di una novità: da anni artisti rap e di generi diversi fanno uso generoso di frammenti sonori, loop e break protetti da copyright. In svariate occasioni dispute su ''crimini da campionatore'' sono finite in mano ad avvocati, altre volte invece (vuoi per incapacità di riconoscere la fonte sonora originale, vuoi perchè gli autori non hanno ritenuto di doversi esporre legalmente, o perchè è stato messo tutto a tacere privatamente a suon di dollaroni), nulla è (o sembra essere) successo. Alla fine degli anni '70 e al principio degli ‘80, quando i DJ iniziarono a saccheggiare molti dischi di Jazz e R’n'B alla ricerca di sample, l’Hip-Hop in particolare (con pionieri come Grandmaster Flash, Sugar Hill Gang, Kurtis Blow ecc) e la musica Elettronica in generale, non erano i fenomeni pop di maggior successo e i campioni di incassi che sono adesso, e i musicisti si ''appropiavano'' di pezzi più vecchi con l'idea di poterli liberamente usare in questo periodo di dedizione e ricerca di nuove forme di fare musica.



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In altre parole il sampling non era visto semplicemente come il rimaneggiamento di vecchi suoni, ma come un tentativo di creare qualcosa di nuovo dal passato, una nuova strategia artistica. Solo quando queste forme (musicali) urbane iniziarono a ricevere parecchia attenzione e a produrre notevoli guadagni allora la gente, ed in particolare i pezzi grossi delle corporazioni che possedevano il copyright di gran parte dei vecchi brani iniziarono a perseguire le violazioni dello stesso. Per quanto sia stato il rap a portare alla ribalta il dibattito sul sampling, in reltà questa pratica affonda le proprie radici nella notte dei tempi. Dalle ''variazioni'' così frequenti nella musica classica dei secoli passati alle innumerevoli composizioni jazz, blues o rock (molte "pericolose somiglianze" affollano i suoi archivi: Whole Lotta Love dei Led Zeppelin, "rubata" a You Need Love di Muddy Waters, per stessa ammissione degli autori, Hallo I Love You dei Doors e All Day and All The Night dei Kinks , Norvegian Wood dei Beatles e Fourth Time Around di Dylan, e decine e decine di altri piccoli casi di "parentela" più o meno accertata) costruite sulle stesse sequenze di accordi, scambi e prestiti sonori fra musicisti non hanno mai costituito materia di stupore o scandalo. Igor Stravinsky ha lasciato scritto piuttosto eloquentemente che ''un buon compositore non imita, ruba''. Anche l'appropriazione di suoni pre-registrati è una pratica che si è sviluppata di pari passo con il perfezionamento degli strumenti che l'hanno resa possibile (radio, giradischi, registratore, ecc): nell'immediato dopoguerra, Pierre Schaeffer costruiva la propria ''musica concreta'' riciclando lacche discografiche di scarto degli studi radiofonici parigini, John Cage e Karlheiz Stockhausen sono stati i precursori di legioni di compositori che hanno fatto ampio uso di nastri, dischi e onde radio nei loro lavori (il secondo in opere come Hymnen -1966-67- ricicla inni nazionali e musiche popolari di diverse nazioni, e in Opus, 1970, gli strumenti tradizionali ed elettronici interagiscono con frammenti musicali di Beethoven).



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In tempi più vicini a noi la musica pop e rock ha offerto un infinità di esempi di citazionismo e plagiarismo creativo. Senza scomodare Zappa o i Pink Floyd, basterà ricordare l'opera di rivisitatori incalliti come i californiani Residents (un loro raro singolo ''Beyond the Valley' of a Day in the Life'' del 1977 sembra essere interamente realizzato proprio con spezzoni tratti da canzoni dei Beatles)

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E poi la coppia
Eno-Byrne di ''My Life In The Bush Of Ghosts'' (1981), o ancora gli Hybrid Kids dell'inglese Morgan-Fisher, un gruppo fantasma i cui due deliziosi lp del 1979-80, su Cherry Red, sono frutto di un certosino montaggio di studio che utilizza porzioni di brani famosissimi, da Presley ai Sex Pistols.



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Altri casi rappresentativi di ''blob music'' creativa, sul finire degli annni Ottanta, sono quelli dei Marrs (della famosa ''Pump Up The Volume'', 1987) dei britannici Justified Ancients of Mu Mu (che sempre nel 1987 riciclarono gli Abba nel brano ''What the Fuck is Going'', e che proprio per le conseguenti traversie legali mutarono il nome in KLF - Kopyright Liberation Front - rendendo provocatoriamente di pubblico dominio la canzone incriminata, depurata del frammento contestato ma con le istruzioni perchè ''ciascuno possa a casa propria ''remixarlo'' al punto giusto''), di John Oswald e dei Negativland (a cui andrebbero almeno aggiunti anche Christian Marclay, Nicolas Collins, Bob Ostertag, l'iper-collagista John Waterman e David Shea ...).





JOHN OSWALD

Il compositore-sassofonista canadese John Oswald, fattosi conoscere nei circoli del jazz d'improvvisazione più radicale alla fine dei '70 è ricomparso nel 1989 con il cd autoprodotto Plunderphonic (più o meno traducibile come ''saccheggiafonia''), che eleva a sistema e filosofia musicale la ristrutturazione di registrazioni altrui, fedele al moto ''se la creatività è un campo, il copyright è lo steccato''. In questo lavoro, arrivato in vetta alle classifiche di alcune stazioni radio alternative, venticinque ''creature di Frankenstein'' vengono cucite assieme utilizzando quasi esclusivamente segmenti presi da autori classici (Liszt, Beethoven, Verdi...), jazzisti (Bix Biederbeck, Cecil Taylor...) o fenomeni pop (da Bing Crosby a Dolly Parton, da Elvis agli immancabili Beatles).
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Mettendo in pratica l'aforisma secondo cui ''la musica pop usa il campionatore come se fosse un registratore, la new music lo usa come uno strumento'', Oswald gioca sull'effetto sorpresa determinato dalla familiarità del pubblico con il materiale originario da lui selezionato, con approci teorici e risultati sempre diversi, formulando commenti satirici, ma anche appassionati omaggi: in ''Net'' trasforma i Metallica in una sorta di intellettuale gruppo metal-core Zorniano, in ''Black'' distilla l'essenza ritmica di James Brown e in ''Brown'' evidenzia il grande debito dei Public Enemy nei confronti dello stesso Mr. Dynamite. Il brano più spettacolare (non a caso la copertina originale mostra il collage irrispettoso di un Michael Jackson transessuale) è però ''Bad'', che cerca in maniera astratto-concettuale di conferire al brano la dirompente energia nera mancante in origine.

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Ben conoscendo rischi e insidie del progetto, Oswald si è preventivamente stutiato la legislazione canadese del copyright e ha poi deciso di stampare Plunderphonic a proprie spese, distribuendolo del tutto gratuitamente a radio, riviste, giornalisti e biblioteche. La confezione del lavoro elenca con precisione tutte le opere che sono state ''saccheggiate'' e specifica la rinuncia dell'autore a qualsiasi royalty o diritto sui montaggi. Nonostante queste precauzioni, la Canadian Recording Industry Association, sobillata dalla CBS (l'etichetta di Michael Jackson), è riuscita nel 1990 ad ottenere da Oswald, impossibilitato a sostenere le spese di una intricata controversia legale, la distruzione delle copie non ancora distribuite del Cd (300 sulle mille prodotte). Una piccola battaglia perduta, quindi, anche se l'azione esemplare ha fruttato a Oswald una buona quantità di recensioni entusiastiche e di autorevoli attestati di stima . Addirittura, in sua difesa si è costituita una Copyrighr Violation Squad che si preoccupa, con manifesti e azioni dimostrative, di contrasatre i colpi della censura discografica, ad esempio duplicando su cassetta Plunderphonic a tutti quanti ne fanno richiesta inviando una C90 vergine e il necessario a coprire le spese di spedizione (lo stesso servizio viene offerto, basta in questo caso una C30, per il lavoro soppresso dei Negativland).[...]
(John Oswald: estratto da un articolo di Vittorio Baroni, 1992) Tra i dischi successivi dell'artista segnalerei Plexure (Avant, '93), forse l'opera più esemplare del padre della musica plunderphonic, dove ogni traccia è un montaggio di tantissimi micropezzettini quasi sempre irriconoscibili (anche in questo caso tutti i sampler sono riportati nel libretto del cd) di canzoni più o meno note della storia del pop, del rock, del rap ecc.
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Oswald non è però certamente il solo, nel vasto panorama della new music internazionale ad aver fatto del riciclaggio creativo il fulcro della propria attività. Anche se il popolo del rock difficilmente saprà tributare un adeguato riconoscimento alle sue virtuosistiche ed energiche de-strutturazioni, Oswald è importante soprattutto come portabandiera del libero copyright per una vasta scena internazionale di nuove sampler-bands, che rappresentano l'anello di congiunzione fra la cultura sperimentale bianca e il linguaggio dell'hip-hop di colore. Un gruppo in questo senso veramente paradigmatico sono i californiani Negativlan.
In Rete
-wikipedia
-pfony.com - Oswald's record label Fony
-plunderphonics.com
-electrocd.com
-edDayGallery.com - commercial art gallery representing Oswald-ubuweb.com
-The Canadian Music Centre



NEGATIVLAND


I Negativland, dopo un paio di dischi nei primi '80, in parte ispirati alle follie satirico-elettroniche dei Residents, hanno perfezionato nei tre concept-albums successivi un personalissimo stile di ''cannibalismo'' dei media, che si nutre avidamente di frammenti estrapolati da dischi vecchi e nuovi, film, trasmissioni tv e radio (Don Joyce e altri membri della formazione collaborano attivamente ad un programma radiofonico sperimentale, Over The Edge, per una stazione locale) e tutto ciò di inconsueto verso cui rescono a rivolgere il microfono. A differenza di altri più seriosi riciclatori di suoni, i Negativland utilizzano le tecniche di collage della musica concreta con una sensibilità decisamente pop, abbinando esili riff sintetici e ingenui motivetti orecchiabili ad avventurosi montaggi cacofonico-verbali.


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Ecco quindi che A Big 10-8 Place del 1983 può essere letto come un'affascinante affresco di vita suburbana della middle class bianca (la bizzarra confezione della ristampain cd contiene perfino una piccola zolla di erba!), Escape From Noise del 1987 (su SST/RecRec) mette in scena una calcolata parodia del classico album rock (a cominciare dalla copertina in forma di recensione) e Helter Stupid del 1989 contiene su una facciata un viaggio ironico attraverso la musica più kitsch dei '70 e sull'altra la documentazione delle conseguenze di un falso scoop creato ad arte dal gruppo (con un comunicato in cui si lasciava intendere che il loro brano ''Christianity Is Stupid'' aveva ispirato ad un giovane lo sterminio a colpi di ascia della propria famiglia).


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Proprio il piacere che i Negativland sembrano provare nello scherzare col fuoco è ciò che li rende più vivi e stimolanti di molti altri sperimentatori ''incolti'' (il loro studio è stato a un certo punto letteralmente dato alle fiamme da ignoti): nel disco appena ricordato si riconoscono estratti di ''Helter Skelter'' dei Beatles, e in cassette come Jam Con'84 e Pastor Dick vengono scopertamente manipolati discorsi di Ronald Reagan e di noti predicatori religiosi. Altro caso di ingerenza esterna nella loro visione di una ''cultura folk tecnologica del ventesimo secolo'' è stato la messa al bando del 12'' U2, uscito nel 1991 su SST, ottenuta dai legali della Island Records per conto dei loro famosissimi clienti irlandesi. Il disco è una sardonica cover molto sui generis di ''I Still Haven't Found What I'm Looking For'', contenente frammenti della voce di Bono e un campionario di commenti (e bestemmie!) di presentatori radiofonici.




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Nonostante la stampa specializzata abbia in genere preso le difese di Mark Hosler e soci, la Island ha citato la SST per 90.000 dollari, ritenendo che la copertina del disco potesse trarre in inganno orde di fans degli U2. La SST a sua volta, in barba ai trascorsi militanti del suo boss Greg Gin, ha citato in giudizio per un'uguale cifra i Negativland, dimostrando che quando c'è di mezzo il vile denaro, i comportamenti di majors e indipendenti non sono poi tanto differenti. Prima che il gruppo lasciasse l'etichetta, la SST ha pubblicato anche un secondo 12'', Guns, che contraddicendo le più logiche aspettative fa riferimento solo obliquamente ai Gun's n' Roses, presentando invece un excursus sonoro sul tema delle armi da fuoco, dal Far West hollywoodiano ai più noti omicidi in diretta, polemicamente dedicato ''ai membri della nostra preferita rock band irlandese''.

Negativland (estratto da un articolo di Vittorio Baroni, 1992)

-In Rete
-Wikipedia

-NegativWorldWideWebland (official website)
-Negativland - Past, Present, Future mp3 of M. H.talk at H2K2 in 2002
-KJR Culture Jam Audio produced by Negativland...Seattle
-Mark Hosler discusses with a manager ...the controversial album to U2
.Fra censure e indifferenza sono proprio questi virtuosi del furto sonoro ad aver preparato le basi per il futuro, mettendo in atto un'ennesima, incalcolabile rivoluzione musicale. Naturalmente se oggi c'è molto più ''rimescolemanto'' rispetto al passato è perchè siamo connessi in maniera più facile e diretta con il resto del mondo. Tv, stampa, radio e Internet ci permettono di accedere ad altre ''culture'' e farle diventare nostre: l'uomo, come ha fatto da sempre, assorbe, rielabora, evolve in continuazione. Quello che forse può stupire è la velocità con cui ciò avviene. Tutta la cultura di massa che ci circonda è pesantemente determinata dalle mode e si reinventa/ricicla/modifica in tempi brevissimi. Non c'è il tempo di assimilare una corrente (musicale) che subito ne arriva un'altra. A questo punto la domanda nasce spontanea: è giusto porre limiti? Non saprei. Di certo vale la solita regola: gli estremi non portano mai a nulla di buono. E' giusto attingere e farsi ispirare da diverse fonti (e ben venga la provocazione dei plagiaristi costruttivi sopra citati), ma il troppo rimescolamento, soprattutto se fatto in tempi brevissimi, porta ad una perdita di identità e alla creazione di una esasperata cultura "usa e getta" che è destinata a passare subito in secondo piano per far posto alla prossima,generando per lo più, leggi sui copyright a parte, prodotti di bassa qualità artistica (e questo vale in tutti i casi, anche quando si parla di cover o dei classici remix). E' importante quindi (saper) distinguere tra coloro che partendo da materiali preesistenti ricercano, filtrandoli attraverso una pesonale sensibilità artistica, nuove prospettive rispetto agli originali, e quelli che invece, molto più di frequente, utilizzano suoni "preregistrati" selvaggiamente e senza nessuna ''etica'' artistica, e spesso non si tratta nemmeno di giovincelli in cerca di fama, disposti a qualche piccolo furtarello pur di scalare in fretta le classifiche.


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Il più grande serbatoio dei ''ladri'' di sampler è stato ed è (senza dubbio) quello della musica nera. Da grande appassionato di musiche afroamericane quale sono, vi posso assicurare che riascoltando più e più volte vecchi vinili polverosi o rare raccolte in cd di soul music, funk o r&b, spesso mi sono imbattuto in casi in cui non ho faticato a riconoscere porzioni di questi originali (groove, giri di basso, tastiere, archi, parti vocali...) parzialmente riprese (se non adirittura tagliate e incollate del tutto identiche ) e riciclate in tracce di artisti ben più attuali, trendy e radiofonici; ma anche questa non è una novità. Neppure resta la soddisfazzione per qualche mixtape in cassettina o cd che mi sono divertito a compilare con cura, assemblando molte di quelle traccie come testimonianza sonora delle mie ''scoperte'' indirette. Lo dico perchè in rete esiste uno splendido link, che vi consiglio caldamente, e di cui ora voglio brevemente parlare, che proprio di questo si occupa: dare a tutti gli internauti la possibilità di confrontare direttamente le fonti sonore originali con quelle che ne hanno fatto uso (più o meno spudoratamente), lasciando agli utenti interessati e al loro spirito critico la possibilità di poter giudicare i risultati attraverso l'ascolto. Il link si chiama Who Sampled, Exploring and discussing the DNA of music e ''scava in profondità per scoprire i collegamenti diretti fra oltre 15.000 canzoni e 7.000 artisti diversi, dall'hip-hop al r&b, dal funk al soul all'elettronica fino a rock e al pop''. Davvero difficile potersi immaginare qualcosa di meglio: le ricerche sono agevoli (si possono effettuare per anno, genere e, naturalmente, artista) le note dettagliate (riportano nome del disco, etichetta discografica e anno di produzione). Oltre alle ''song sampled'', per ogni autore vengono riportate eventuali ''cover versions of other artists' songs'' e ''songs covered by other artists'', insomma un quadro veramente completo ed esaustivo. Non viene risparmiato nessuno e le sorprese sono davvero tante. Qualche esempio? Eccovi serviti...
.L'ordine della lista campione è casuale:








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Ed eccoci alla chicca finale: un videoclip uscito quest'anno (e evidente presa per il culo) che ci presenta il gruppo valensiano Seguridad Social alle prese con un tema di Dolores Vargas (qui si può ascoltare la sua versione originale), ''A-chi-li-pu'', beffardamente ''travestito'' con frammenti di Clash e Led Zeppelin (riconoscibilissimo il riff di Whole Lotta Love) Olè, olè y olé! Davvero uno spasso.

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