martedì 8 settembre 2009

Riposa in pace, Willy


Madrid, 9 settembre 2009. A piu' di un mese dalla sua morte arrivo, un po' in ritardo, a parlare di Willy Deville. Certo, avrei voluto farlo prima, ma le circostanze fino a questo momento non me l'hanno permesso , visto che la casa dei miei soggiorni andalusi non è dotata di una connessione internet. Curiosamente proprio in un bar del Puerto De Santa Maria (Cadice) che sono solito frequentare, mi era capitato di incontrare, pochi giorni prima della scomparsa del cantante, una coppia di amici sui 45-50, che guarda caso avevano personalmente conosciuto e frequentato il nostro uomo, raccontandomi le loro personali esperienze con il buon Deville.


Il cantante è mancato, all'età 55 anni, lo scorso 6 Agosto a New York, città dove risiedeva, a causa di un cancro al pancreas che non gli ha lasciato scampo, o questo almeno è cio' che affermarono dalla Caramba Spectacles, casa promotrice dei suoi concerti. Corsaro e seduttore, Deville apparteneva a una specie in estinzione nel mondo del rock. Come musicista di razza e senza padroni, navigava nella sua condizione meticcia come un pirata alla deriva nei mari agitati delle discografie.Con una chitarra nella mano, una linea marcata nell'occhio, i suoi anelli e orecchini, la sigaretta che pende dalle labbra e questo baffetto stiloso e barbaro, sempre si manteneva fedele alla sua avventura musicale, che lo portava indistintamente a interpretare con un tocco mariachi il celebre tema di Jimi Hendrix Hey Joe o a lasciarsi affascinare musicalmente e fisicamente da tutti i porti dove attraccava, fosse New York, Orleans o la sua amata Parigi.


William Borsay, il suo nome originale, nacque a Stamford, Connecticut (USA), e fu un ragazzo abbastanza inquieto al punto che con 14 anni già stava vivendo in un attico newyorkino giusto quando la città splendeva, a metà anni Sessanta, della sua magnifica commistione di suoni urbani. Voleva somigliare a Little Ritchard, però il ragazzo terminò ben presto assorbendo blues, jazz, pop e folk in grande quantità e, quando si presento', non si lascio' scappare l'opportunità di vivere un tempo a San Francisco per entrare in contatto diretto con la psichedelia. A metà dei Settanta formò Mink Deville, uno dei gruppi più originali della nuova scena punk della Grande Mela che, assieme ai Ramones, si esibivano settimanalmente nel mitico (e ormai scomparso) CBGB's. Mentre i suoi compagni sviluppavano accelerazioni rock, Deville staccava assimilando come influenza soprattutto il R&B, tenendo i Drifters come una delle formazioni di riferimento principale. Per questo sembra quasi un segno del destino l'incontro con Jack Nietzsche, consideratissimo produttore dell'era aurea della musica pop. Con lui registrò il primo disco, Cabretta, un evidente omaggio alle sue passioni afroamericane.


Successivamente arrivarono album intelligenti e distinti nei quali si possono notare influenze di musica cajun come cabaret, soul e doo-woop. Tra questi Le Chat Bleu fu senza dubbio quello che gli dette i maggiori riconoscimenti di pubblico e critica. Nel 1985 comincio' la sua carriera solista, piena di alti e bassi avendo sofferto a lungo la dipendenza da droga, cosa che danneggiò seriamente la sua carriera. Come un dandy della musica, compose colonne sonore (recitò anche in due film negli anni ottanta rivestendo prima il ruolo di un truffatore in "Va Banque" nel 1986 e poi di una guardia del corpo in "Homeboy" nel 1988) e si addentrò sempre più nei territori dei suoni latini che gli diedero una certa notorietà. Tuttavia Deville era l'esatto contrario del prototipo di cantante manichino alla costante ricerca della notorietà. Al contrario ra un artista dai piedi alla testa, autore di dischi memorabili come Victory Mixture o del più recente Pistola, solo per citarne alcuno.


Mai ottenne un numero uno, ne raggiunse grandi livelli di vendita, ma nemmeno arrivò a rovinarsi, neanche quando sprofondò nel totale ostracismo nei confronti dell'industria musicale e discografica, soprattutto negli ultimi anni della sua vita e carriera. Come un buon pirata componeva a suo piacere, in libertà, ampliando allo stesso tempo e poco a poco la propria legione di seguaci. Sembrava il fratello minore di Keith Richards o il socio di taverna di Tom Waits.


Dopo aver cancellato l'ultimo tour in programma, i suoi fans iniziarono a raccogliere fondi via internet affinchè il loro uomo potesse lottare contro il cancro e una epatite C che lo stavano affliggendo. Molti avrebbero voluto mandargli messaggi di sostegno e di appoggio personale, ma Deville non possedeva nessun collegamento con la rete e non conosceva la posta elettronica. Per questo, e come in un'altra epoca, la sua casa si riempì di lettere scritte a mano e di mille rose.


Discografia

Con Mink DeVille:
1977: Cabretta (in Europa); Mink Deville (negli USA) (Capitol)
1978: Return to Magenta (Capitol)
1980: Le Chat Bleu (Capitol)
1981: Coup de Grâce (Atlantic)
1983: Where Angels Fear to Tread (Atlantic)
1985: Sportin' Life (Polydor)

Solo:
1987: Miracle (Polydor)
1990: Victory Mixture (Sky Ranch) 1990 (Orleans Records)
1992: Backstreets of Desire (FNAC) (Rhino, 1994)
1993: Willy DeVille Live (FNAC)
1995: Big Easy Fantasy (New Rose)
1995: Loup Garou (EastWest) (Discovery, 1996)
1999: Horse of a Different Color (EastWest)
2002: Acoustic Trio Live in Berlin (Eagle)
2004: Crow Jane Alley (Eagle)
2008: Pistola (Eagle)
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