lunedì 27 aprile 2009

Pellicole dal sottosuolo: ''Clean'' di Olivier Assayas


Olivier Assayes

La poetica di Assayas, i suoi umori, le sue storie, sono intrise di r'n'r. Nel 1984, con alcuni cortometraggi alle spalle e già una fama di critico cinematografico, girò Winston Tong en studio, documentario sul primo album solista del cantante dei Tuxedo Moon, Steven Brown. Nel 1986 esordì al lungometraggio con un titolo che sembra essere rubato da un pezzo dei Joy Division, Désordre: un film su un gruppo di ragazzi legati dalla passione per la musica, tutti alle prese con una band musicale...

Désordre

Il loro percorso è però ''disordinato'', il caos e la violenza (il proprietario di un negozio di dischi viene ucciso dopo aver cercato di sventare una rapina dei protagonisti nel suo negozio) segnano tutto il percorso, come pure i litigi, i tradimenti, il disgregarsi continuo del sogno di incidere e diventare famosi. Un sogno, l'utopia della musica, che si lega all'età dell'innocenza. Un'opera poetica, gelida, spietata. La morte e le scelte difficili, il seguire i personaggi nel tormentato svolgersi delle loro esistenze, sono già tratti dominanti del giovane autore. Così il seguente ''Il bambino d'inverno'' (1989) è ancora un ritratto di durezza, morte, tradimenti e incomprensioni. ''Contro il destino'' (1991) si avvale delle musichedi John Cale, così come accade per ''Une nouvelle vie'' (1993). ''L'eau froid'' (La vita acerba, 1994) è il suo grande capolavoro e un passo fondamentale per Assayas.

L'Eau froid (L'età acerba)

La pellicola, ambientata nel 1972, tratta il mondo degli adolescenti. Due ragazzi, l'azione che inizia ancora una volta in un negozio di dischi con un furto, poi la famiglia, la scuola, l'amore, la violenza, in un crescendo che rimane in parte congelato, e in parte si snoda nel rito primordiale di una festa in una casa di campagna con il grande falò e tanti ragazzi intorno, mentre nella colonna sonora Bob Dylan continua a ''bussare alle porte del cielo...''. Splendido.

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''Irma Vep'' segna invece l'incontro fatale del regista con l'attrice Meggie Cheung (In The Mood For Love...).

Meggie Cheung

Il film è per Assayas una sorta di summa teorica e nello stesso tempo sentimentale (l'amore per la Cheung). C'è il confronto con il cinema asiatico e in particolare di Hong Kong (sua grande passione), ma c'è anche un po' di Hollywood (altro grande riferimento amato/odiato), e poi c'è il vecchio cinema francese, in particolare la stagione rappresentata dai film di Feuillade e dalla saga di Les Vampires a cui si ispirerà (Meggie Cheung interpreta se stessa, chiamata a Parigi per calarsi nei panni della protagonista del remake di Les Vampires).

''Les Vampires'' (1915) di Louis Feuillade

Irma Vep




Un trasporto, quello per l'Asia, che trova grande spazio anche nel sucessivo Demonlover (2002) con musica dei Sonic Youth (già usati in Irma Vep), pellicola di umorismo pop che ci fa arrivare dritti dritti a Clean (la cui colonna sonora questa volta è firmata: Brian Eno, Tricky, David Roback, Notwist, Metric...). E' evidente, dunque, di quanto la componente rock permei la vita artistica del registra. I suoi racconti di giovani, i personaggi adolescenziali, gli scontri generazionali, non possono essere capiti se non attraverso il filtro del suono di quella storia, la ''rabbia'' come forza espressiva. Assayas ha affermato più volte di aver iniziato a girare nel periodo punk, con un trasporto ''dadaista'' per mettere in primo piano l'espressione. La sua arte sa cogliere dolore e sentimento, (ponendoli in una forma molto diretta e una scrittura potente), è un urlo che solo solo il rock ha saputo ''ingabbiare''. Allo stesso modo in Clean il regista non fa distinzione tra in linguaggi (sonoro e visivo, musica e cinema) e sa cogliere un emozione sia con un movimento di macchina, sia attraverso la scelta di un brano, senza soluzione di continuità.

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CLEAN

Emily Wang è familiare agli appassionati del rock. Vive accanto a Lee Hauser, una rockstar decaduta, e nulla li lega più se non la passione per l'eroina. Hauser muore di overdose. La ragazza, abbandonata da tutti perchè creduta responsabile della morte del marito, passa sei mesi in prigione e quando esce non le viene permesso di tenere Jay, il figlio che Emily e Lee avevano avuto qualche anno prima, né lei forse sarebbe in grado di occuparsene. Allora torna a Parigi, dagli States, e cerca di rifarsi una vita, per poi ricongiunegersi con il bambino. Le cose vanno malissimo fino a che il suocero (un bravissimo Nick Nolte) non decide di darle fiducia e di aiutarla nella rinascita.
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Comincia allora la sua lunga marcia verso la purificazione, il momento in cui Emily potrà finalmente dire ''sono pulita''. In tutti i suoi mutamenti (strega del rock, prigioniera di se stessa, donna umiliata) Maggie Chung (che interpreta Emily) è troppo bella e, soprattutto, troppo vera per non restarne affascinati. Per arrivare all'essenza di Clean bisogna andare alla sequenza del berretto arancione, nella seconda metà del film. Sotto il cappello Maggie Cheung, il volto scoperto, infagottata in vestiti invernali, è di una bellezza incredibile. Il suo personaggio, Emily, ha finalmente raggiunto l'obiettivo della sua ricerca: può rivedere il figlio. In tutto il film si avverte una sorta di elegia al rock: Tricky che interpreta se stesso, la musica di David Roback, ex componente dei Mazzy Star... Tutto suona come l'eco lontano e fedele di un'epopea ormai scomparsa. Clean è anche un film sul perdono e sulla possibilità che le persone cambino, un monumento a un attrice come Maggie Cheung (per il quale il termine ''artista'' è più che adeguato), un percorso straordinario tra le strade di una città, Parigi, e dei suoi mondi (notturni, artificiali, tossici, esotici...magnifica la performance dei canadesi Metric in "Dead Disco"). E poi quel finale, quello sguardo splendido sulla Bay Area di San Francisco...
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Regia: Olivier Assayas
Produzione: Fra/Can/U.S.A./GB - 2003 - Drammatico
Durata: 110'
Interpreti: Maggie Chung, Nick Nolte, Beatrice Dalle, Jeanne Balibar, Dom McKellar, Laetitia Spigarelli, Martha Henry, Tricky
Sceneggiatura: Olivier Assayas
Fotografia: Eric Gautier
Scenografia: François-Renaud Labarthe
Montaggio: Luc Barnier
Costumi: Anais Romand
Musiche: Brian Eno, David Roback, Tricky
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